Evoluzione storica dell'Elettromiografia
I primi studi sulla contrazione muscolare di Glisson (1672) evidenziano che gli animali così come l’uomo possono avere movimenti involontari se eccitati.
Esperimenti condotti da Galvani (1786), eseguiti sulle rane, verificano la comparsa di movimento in risposta a stimoli elettrici.
Alla fine del XIX sec., Erb (1868) comincia ad approfondire le caratteristiche dell'impulso nervoso introducendo il concetto di reazione elettrica: uno stimolo elettrico determina la contrazione del muscolo e l’impulso elettrico richiesto affinché si verifichi tale contrazione muscolare è breve (di durata inferiore ad 1 millisecondo) ed è indotto con maggior efficacia da corrente alternata (faradica). Successivi studi rilevano che dopo denervazione, per evocare la stessa risposta, è necessario uno stimolo di parecchi millisecondi di durata, indotto da corrente elettrica continua (galvanica). Questa alterazione di eccitabilità, effetto della corrente galvanica e mancata risposta alla corrente faradica, è alla base della reazione degenerativa di Erb. Egli sostiene l’esistenza di una diversa eccitabilità tra un muscolo innervato ed un muscolo denervato ma ciò inizialmente risulta di scarso interesse clinico in quanto tali differenze si rivelano apprezzabili esclusivamente su muscoli completamente denervati difficilmente esaminabili.
Ranvier (1873) per primo osserva che i muscoli bianchi si contraggono più rapidamente dei muscoli rossi e scopre le modalità di conduzione degli stimoli lungo il nervo.
Weiss (1901) scopre e definisce la precisa relazione tra quantità di corrente e durata temporale della stessa per produrre una contrazione muscolare.
Lapique (1909), riconosciuto il valore di tale acquisizione, se ne serve e ne ricava una legge la quale definisce due parametri fondamentali che regolano l’eccitazione di un tessuto: l’intensità di corrente minima in grado di eccitare un tessuto (reobase, la cui unità di misura è il milliampere) ed il tempo, ovvero la durata dello stimolo necessario per stimolare il tessuto (cronassia). Una più accurata discriminazione di vari gradi di denervazione viene ottenuta successivamente con l’introduzione delle curve ID usando diversi stimolatori elettronici (Ritchie 1944). Come è noto, il potenziale d’azione segue la legge del “tutto o nulla”: una volta raggiunto il valore soglia, valore per il quale si incomincia a percepire lo stimolo, il potenziale d’azione parte indipendentemente dall’intensità dello stimolo che lo ha originato. La curva ID rappresenta i valori minimi del rapporto intensità/tempo sufficienti ad innescare il potenziale d’azione: per valori inferiori alla reobase il potenziale d’azione non si origina, per valori superiori alla reobase occorrono delle intensità inversamente proporzionali alla durata dello stimolo, vale a dire ad un’ alta intensità corrisponde ed è quindi sufficiente un tempo di stimolazione di piccola durata, viceversa intensità minori necessitano di un tempo maggiore di stimolazione. Per decenni questo è il metodo elettrico standard per valutare la denervazione di un muscolo. Tale metodo, benché ancora valido, viene soppiantato in primo luogo dagli studi di conduzione del nervo e quindi dalle valutazioni con elettrodi ad ago.
Notevoli innovazioni a riguardo si hanno quando Scherrington definisce l' unità motoria (UM) come “l'insieme formato da un motoneurone, il suo assone e tutte le fibre muscolari da esso innervate”, ed Adrian Bronk e Denny Brown (1929) costruiscono il primo elettrodo ad ago concentrico: l’ ago, inserito nel muscolo, registra le caratteristiche scariche dei potenziali evocati di unità motoria fornendo misura dell’attività spontanea e volontariamente evocata della fibra muscolare.
Bourguignon (1935) determina, ai fini dell’elettrostimolazione, il punto motore, punto che corrisponde alla proiezione sulla cute della placca motrice o giunzione neuromuscolare.
Denny Brown e Pennybacker (1938) studiano l’attività spontanea dei muscoli parzialmente o completamente denervati, e la loro tecnica viene sfruttata per lo studio dell’atrofia muscolare neurogena e i traumi del nervo periferico, e per fare quindi diagnosi differenziale tra ipostenia miogena e neurogena. A Berlino (1936-38), con semplici aghi-elettrodo non isolati , Altenburger e coll. estendono la ricerca del reclutamento di UM a tutte la varie malattie neurologiche.
L’uso degli aghi selettivi di Adrian e Bronck permette verso il 1940 agli anatomici londinesi Weddel e Feinstein di derivare i potenziali di fibrillazione da muscoli denervati studiandone il decorso dalla neurotmesi alla reinnervazione. E’ a Jasper, presso il Montreal Neurological Institute della Mc Gill University di Montreal, che si deve la costruzione del primo elettromiografo (1942-44) nonché dei primi aghi-elettrodo isolati attraverso l’uso di vernici tygon (1944).
A seguito della II° guerra mondiale si investe molto sullo sviluppo di questa metodica elettromiografia: nascono diversi amplificatori ed oscilloscopi a raggi catodici che permettono di studiare le funzioni delle singole unità motorie e la loro sommazione durante contrazioni volontarie di diverso grado.
Hodes e coll. (1948) sono i primi a misurare la velocità di conduzione dei nervi.
Gli anni ‘50 vedono approfondire lo studio sulle neuropatie attraverso la misurazione della velocità di conduzione, dei nervi motori prima (Simpson 1956) e dei nervi sensitivi dopo (Gilliat e Sears, 1958), e lo studio dell’attività riflessa (Magladery e McDougal 1950; Paillard 1955).
Zoll (1952) dimostra che uno stimolatore elettrico può produrre e mantenere artificialmente l’attività contrattile del cuore.
Una delle difficoltà incontrate in quel periodo è quella di non poter memorizzare ciò che si visualizza a schermo perché inizialmente la traccia degli oscilloscopi appare e scompare subito dopo: così, per memorizzare le immagini, si usava fare una fotografia attraverso una macchina fotografica collegata all'apparecchio.
Negli anni ’80, grazie all’avvento del computer ed al passaggio dal sistema analogico a quello digitale, si verificato un innovativo apporto di informazioni quantitative e qualitative circa le tecniche elettrodiagnostiche con conseguente miglioramento dello studio della fisiologia dell’unità motoria a favore delle diagnosi, del decorso e della prognosi delle patologie neuromuscolari.
I termini elettromiografia ed elettromiogramma (EMG) sono stati inizialmente coniati per descrivere il solo esame ad ago, ma nell’uso corrente includono anche l’ esame della velocità di conduzione.
di Michela Campolo